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Elenco dei difetti:

il caso letterario  

continua da pag. 12

a) lirismo eccessivo. Non c'è quasi un periodo che sia privo di una metafora, a volte bella o bellissima (pagliaccio luminoso), a volte forzata.

b) Disattenzioni stilistiche (pag.1 'con gesti mo1li, con occhi da bracconiere': c'e la ripetizione del 'con', c'è la contraddizione fra la mollezza dell'atto e l'aridità acuta degli occhi. 1° rigo: due 'che' da evitare) ecc.

c) Indugio nell'introdurre un elemento narrativo che aizzi la curiosità del lettore. C'e una nuvola di parole belle, manca l'accenno a un fatto (serve più l'allusione che incuriosisce, anziché il fatto bruto) che permetta lo sviluppo dell'azione.

Elenco dei pregi o, meglio, elenco delle cose che mi hanno fatto felice leggendole. Da quest'elenco tu potrai capire qual è la direzione giusta, il piano su cui ti devi muovere con le tue movenze di ballerina e sonnambula, ma insieme con la ferocia esatta delle tue mani di orafa e d'ingegnere.

1) immagine dell'armatura nell'armadio ecc.

2) due righe su una sigaretta accesa sul balcone.

3) descrizione del gioiello scita e metafora connessa.

4) Mani pascolo e mirra. Descrizione delle mani di lui.

5) Capello caduto sul braccio.

6) L'ostinazione del siluro.

Consigli:

1) Sfuggire all'autobiografismo o, piuttosto, mescolarlo con l'azione più libera e totale.

2) Stabilire uno schema narrativo. Per es. lettera a uno che risulterà morto, e a cui si confessano sentimenti prima nascosti (un tradimento, un rancore, una passione). Tutto ciò, però, con riferimenti continui a una realtà di eventi (storica: voglio dire con strade, nomi, sviluppi). Insomma: fra i due qualcosa è accaduto, che ora viene ricostruito e rievocato per lampi discontinui che il lettore dovrà ricomporre alla fine. Questo qualcosa deve essere concretamente definito, con tratti anche realistici (sesso, passeggiate, liti, pranzi, ballo, che so io).

3) Ridurre dei 2/3 l'esuberanza metaforica, l'eccitazione stilistica. Può essere accettata per 10 pagine, per 100 no.

Troppo poco spazio per dirti che, nonostante tutte queste che possono apparire riserve professionali e prudenze di un gelido esperto, ho letto le tue pagine con una commozione crescente, con un fiotto di emozione che mi saliva dal cuore alla gola, alla testa..."

Una vera e propria lezione di scrittura, dunque, di cui la giovane Sicoli farà tesoro: la versione definitiva de L'armilla scita, pubblicata nel 1990 in un volumetto contenente anche i primi due capitoli del romanzo di Bufalino Calende Greche, ottiene critiche lusinghiere e molta attenzione da parte del mondo letterario italiano. "Troppa attenzione sbuffa la scrittrice che, al ricordo di taluni vacui salotti intellettuali, di talune spocchiose figure di quel mondo, ancora si rannuvola. "Scrivere, sì, mi dà uno straordinario piacere. Ma tutto il resto le cene, la frequentazione di certi ambienti, di certi personaggi le cosiddette `pubbliche relazioni', insomma, non fanno per me." La carriera della giovane promessa della narrativa italiana pare terminata sul nascere: "Mi ferirono: mi ritirai Non smisi di scrivere, ma giurai a me stessa che non avrei pubblicato mai più".

Ma la profezia di Gesualdo Bufalino ("c'è in te una scrittrice...") non poteva cadere nel vuoto; l'allieva non poteva, alla fin fine, tradire il Maestro, che tante speranze e fiducia aveva riposto in lei. Ci penseranno alcuni amici (proprio come era accaduto, all'inizio, a Bufalino stesso) a prelevare il manoscritto di Hic sunt leone: (diario di un pongista), rimasto a lungo in un cassetto a prendere la polvere, e a farlo pervenire di nascosto alla "Gallo & Calzati Editori" di Bologna. Francesco Maria Gallo e Giancarlo Calzati intuiscono all'istante di essere di fronte a un piccolo gioiello della letteratura italiana contemporanea e, vinte le ultime resistenze dell'autrice, lo danno alle stampe. "Un modo per rimediare, sia pure tardivamente spiega la Sicoli alla grande delusione che so di aver dato a Bufalino nell'abbandonare la strada che lui mi aveva aperta, e che sapeva essere quella giusta per me".

Fu deluso, Bufalino? Sì, certamente. Ma anche, idealmente, comprensivo compagno di fuga da un mondo che egli stesso aborriva, come ci conferma la lettera del 10 febbraio 1989 alla sua "piccola cara":

"...come vedi non sono soltanto sole, sono desolato. Poiché questo si aggiunge a un mio nativo 'cuore nero' mi ferisce l'insensatezza del mondo, l'oltraggio del tempo, il tumulto effimero dei sentimenti. Lo stesso successo letterario non cercato, temuto quasi, si è rivelato una trappola. Con qualche regalo però, L'ultimo, il più bello, sei tu. Poiché sin dal principio t'ho sentita diversa dalle ammiratrici garrule poetesse in proprio e minacciose di manoscritti, oppure `anima bella' in cerca di rivalse sentimentali Tu no, tu sei un uccello, un piccolo cuore d'uccello che la vita fa battere a precipizio..."