LA BARACCA
Nato a Roma,
ottavo figlio di una coppia di immigrati di origine pugliese,
Fernando Munazzotto era cresciuto, suo malgrado, in grande confidenza
con la miseria, che era stata ospite in casa sua anche prima che
lui nascesse, compagna assidua e fedele dei suoi genitori e dei
suoi sette fratelli.
Egli, che la conosceva molto bene, sosteneva che la miseria ha
un cattivo odore perché è come il pesce, che dopo
tre giorni puzza. "Il suo odore" diceva, "con il
passare del tempo diventa talmente acuto che si avverte anche
da lontano ed è per questo motivo che tutti vorrebbero
tenersene a distanza, allontanandosi anche dai portatori più
o meno sani.
Alla miseria" aggiungeva, "si accompagna quasi sempre
la solitudine, che di essa è la sorella." I primi
anni di vita li aveva vissuti in una baracca nei pressi di una
zona residenziale molto chic. Ai margini di quella lussuosa zona,
nella quale villette e palazzine immerse nel verde ospitavano
molti personaggi ricchi e noti della capitale vi era, infatti,
una piccola baraccopoli divisa in minuscoli lotti sparsi qua e
là, che occupavano quasi tutti gli spazi rimasti ancora
liberi dopo la recente urbanizzazione di quel territorio molto
ambito. Per i residenti altolocati quella presenza era una vergogna
che doveva essere cancellata al più presto perché
deteriorava l'ambiente. Per i baraccati essa rappresentava, viceversa,
l'unica possibilità di usufruire di un riparo, sia pure
precario. Convivevano, perciò, esigenze assolutamente inconciliabili:
le une legate a ragioni di decoro ambientale, le altre a motivi
di carattere esistenziale e la soluzione
di questo conflitto di interessi non appariva semplice né
prossima. All'incrocio del grande viale con una delle vie che
lo intersecano per andare infine a sfociare nella grande arteria,
che conduce al mare, vi era ancora un angolo di verde non ancora
edificato, di proprietà di un privato, al quale era stata
espropriata dal Comune una parte consistente. In quell'angolo
di terra a ridosso di un edificio pubblico, sorto propriamente
sul terreno espropriato Fernando, da bambino, era andato a tirare
i primi calci ad una palla. Su quello stesso rettangolo di terra
erbosa, successivamente egli aveva fondato tutte le sue speranze
di avere in un futuro non molto lontano una baracca tutta per
sé.
La ricerca della casa era stata, infatti, per un lunghissimo periodo
il problema non risolto della sua famiglia, che era passata da
una baracca all'altra sin dal momento del suo arrivo nella Capitale.
Per questo motivo Fernando aveva cominciato a pensare con molto
anticipo al modo di risolvere il suo problema, quando sarebbe
diventato grande. Poi il Comune aveva assegnato, finalmente, alla
sua famiglia numerosa una piccola casa popolare in un rione dell'estrema
periferia della città, ancora sprovvisto di molti dei servizi
essenziali e la sua vita aveva preso una strada completamente
diversa, rispetto a quella che aveva immaginato. Il collegamento
con la città era assicurato da un autobus di linea, che
ogni ora effettuava una corsa di andata ed una di ritorno. Fernando,
che aveva compiuto da poco i quindici anni, aveva dovuto, perciò,
abbandonare il suo sogno nel cassetto e trasferirsi nella nuova
casa insieme a tutta la famiglia. Non aveva mai frequentato la
scuola con regolarità ed il fatto che non ce ne fosse una
vicina non lo aveva preoccupato. Aveva continuato a non frequentare
la scuola, approfittando anche del disinteresse sempre manifestato
dài suoi genitori per questo tipo di problema. Egli era,
perciò, cresciuto quasi sempre sulla strada ...
Torna |