LETTERA AGLI EBREI

Seconda Scheda di sussidio

(Prima e seconda parte: non più di 30 minuti)

Prima parte:
Preghiera iniziale

Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
Donaci la grazia di leggere e rileggere le Scritture per fare memoria attiva, amante e operosa degli eventi di Cristo.
Donaci, Spirito Santo,
di lasciarci nutrire da questi eventi e di riesprimerli nella nostra vita, per essere i testimoni credibili
della misericordia di Dio.
Brani in evidenza: 3,1-6; 4,14-5,10
In questa seconda parte l'autore sviluppa il tema delle prerogative che costituiscono il sacerdote in quanto mediatore: il rapporto con Dio e il rapporto con gli uomini.
Qui l'autore procede in ordine inverso rispetto a quello seguito nel precedente annunzio tematico ("sommo sacerdote misericordioso e fedele": 2,17): Cristo è degno di fede e misericordioso.
Seconda parte:
Lettura e ascolto meditati
lI
Cristo è il nuovo sacerdote degno di fede e misericordioso


3,1-5,10
1) 3,1-4,14: Cristo è degno di fede
Per il suo rapporto con Dio, Cristo è pistòs = degno di ,fede (2,17; 3,2), cioè investito di una autorità divina (prefigurato in questo da Mosè: Num. 12,1-8), e deve essere ascoltato da tutti (3,7-4,14: lunga esortazione su questa conseguenza).
2) 4,15-5,10: Cristo è misericordioso
Per il suo legame fraterno con gli uomini, Cristo è misericordioso: la gloria sacerdotale di Cristo non lo ha allontanato dagli uomini, con i quali rimane solidale nell'umiltà e nella sofferenza, nell'ubbidienza fino alla morte (5,5-10).
Preannunzio tematico: proprio nella passione Gesù è stato proclamato da Dio "sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek" (5,10)

Per questa duplice capacità di relazione svolge il suo compito di mediatore sacerdotale. 3,1-6
3: 'Perciò, fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù, l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo,
2i1 quale è degno di fede per colui che l'ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa.

3 Ma, in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l'onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa.
40gni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è
Dio.
51n verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi.
6Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.

Anzitutto Gesù deve essere considerato come il sommo sacerdote degno di fede per l'autorità divina che possiede, perché nella casa di Dio non è un semplice servo come Mosè ma è il Figlio (3,1-6). Di qui seguirà l'esortazione ad ascoltare la sua voce per entrare nel riposo di Dio (3,7-4,13).

1. Quando un apostolo si riferisce ai fedeli di una comunità, non li chiama mai "cristiani" (con questo nome i seguaci di Cristo erano chiamati dai pagani), ma "fratelli" e "santi". L'appellativo `fratelli" esprime il vincolo di carità che unisce i battezzati, lo spirito che vivifica tutto il corpo, che è la Chiesa, di cui ognuno fa parte al modo in cui ogni membro, anche il più umile, è prezioso per l'organismo vivente, non importa quale funzione svolga. Preminente nella Chiesa non è teologicamente il rapporto gerarchico, che pure esiste e svolge una funzione pastorale fondamentale e indispensabile, ma il rapporto fraterno dovuto alla dignità battesimale, uguale per tutti: sarà questo, nella carità, a rimanere in eterno. L'attributo"santi" è forse più sconcertante, perché noi siamo abituati a relegare la santità nella sfera di certe persone in cui essa brilla con più evidenza o spettacolarità: i Santi canonizzati, oggetto di venerazione per gli altri fedeli. Ma santi, ci dice la Chiesa apostolica, siamo tutti, non per nostra virtù, ma per la grazia di Colui che ci ha salvati; universale è la vocazione alla santità, ribadisce il Concilio Vaticano II.
Rivolta a tutti infatti è la vocazione celeste, la chiamata, cioè, a considerare come patria non il luogo dove ciascuno è nato, ma la cittadinanza celeste che tutti ci spinge a volgerci verso le realtà spirituali e invisibili, tema questo che sarà ripreso verso la fine dello scritto (cap. 11).
"Santo" (qadosh), in ebraico, vuol dire "separato": preso a parte dalla realtà profana per riconoscervi una speciale appartenenza a Dio. Essere santi significa essere separati non dall'impegno nella realtà storica, quotidiana, civica, politica, ma dall'involgimento irresponsabile o malizioso nella logica del peccato.
Lo sguardo deve perciò essere fissato sul Signore Gesù, apostolo e sommo sacerdote della nostra professione di fede: apostolo perché è inviato da Dio agli uomini, sommo sacerdote perché li rappresenta presso Dio.
2. Fedele a Dio che lo ha fatto tale, Gesù nella sua fedeltà è stato prefigurato da Mosè, leale amministratore del popolo del Signore.
3. Ma tanto maggiore è la gloria di Gesù rispetto a Mosè, quanto maggiore è l'onore di chi fabbrica una casa rispetto alla casa stessa:
4. ogni casa, come ogni realtà, è prodotta da qualcuno, ma è Dio che ha creato tutto.
5. Mosè fu ligio ai suoi compiti nel pascere il popolo di Dio come un servitore, e testimoniò fedelmente ciò che doveva essere detto dopo di lui;
6. Cristo è invece Figlio nel popolo di Dio, Signore nella sua casa, e questo popolo, questa casa siamo noi, a patto di mantenere la franchezza e il vanto della nostra speranza.

L'autore sviluppa questa ultima esortazione con un lungo discorso che, servendosi del Salmo 95, invita all'ascolto fiducioso e alla fermezza nel resistere alla tentazione, senza seguire l'esempio dell'antico Israele che si ribellò nel deserto e non poté entrare nella terra promessa. Solo per la fede, infatti, si può entrare nel grande Sabato di Dio, il giorno senza fine che è la piena comunione con Lui e perciò beatitudine eterna. L'antico Israele non fu fedele, e cadde nel deserto senza poter entrare nel riposo della terra promessa. Ma la promessa di Dio non può andare a vuoto: Egli fissa a noi tutti nuovamente un "oggi", l'oggi della salvezza, perché nella fede e nell'obbedienza possiamo aver parte del suo riposo.

Il suo invito è radicale: non si può sfuggire alla Parola di Dio, più penetrante di una spada affilata, che ci scruta ed alla quale dovremo rendere conto (4,12). La Parola di Dio, infatti, è viva ed efficace, a differenza della parola dell'uomo, e giunge a scrutare nell'intimo del cuore, fin le più segrete intenzioni: niente può nascondersi ai suoi occhi.



3 7 Per questo, come dice lo Spirito Santo:
Oggi, se udite la sua voce,

8 non indurite i vostri cuori

come nel giorno della ribellione,

il giorno della tentazione nel deserto,
9 dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,

pur avendo visto per quarant'anni le mie opere.

10 Perciò mi disgustai di quella generazione

e dissi: hanno sempre il cuore sviato.

Non hanno conosciuto le mie vie.

11 Così ho giurato nella mia ira:

non entreranno nel mio riposo.


12 Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente.
13Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato.

14Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall'inizio.
1s
Quando si dice:
Oggi, se udite la sua voce,

non indurite i vostri cuori

come nel gi orno della ribellione,
16chi furono quelli che, dopo aver udito la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall'Egitto sotto la guida di Mosè?
17 E chi furono coloro di cui si è disgustato per quarant'anni? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero cadaveri nel deserto?

18E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto?
19E noi vediamo che non poterono entrarvi a causa della loro mancanza di fede.
4
'Dovremmo dunque avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso.
2Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non

giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. 3Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto:

Così ho giurato nella mia ira:

non entreranno nel mio riposo!
Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo.

4Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere.
5 E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo!

6Poiché dunque risulta che alcuni entrano in quel riposo e quelli che per primi ricevettero il Vangelo non vi entrarono a causa della loro disobbedienza,
7 Dio fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo: Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori!
gSe Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno.
9Dunque, per il popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico.
ioChi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch'egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie. i lAffrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
12 Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
13 Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.


4,14-5,10: il sacerdozio di Cristo

Questo brano svolge un ruolo di primissima importanza nello scritto, in quanto sviluppa, del sacerdozio di Cristo, l'aspetto della compassione verso tutti coloro che hanno peccato: l'autore mostra come la piena solidarietà di Cristo con gli uomini sia un elemento costitutivo del suo sacerdozio.
Il brano è delimitato all'inizio e alla fine dall'espressione sommo sacerdote (4,15; 5,1.5) e si suddivide in due parti:
1) 4,14-16 di carattere esortativo
2) 5,1-10 di contenuto teologico, consistente nella descrizione del sommo sacerdozio nell'Antico Testamento (5,1-4) e nella sua applicazione a Cristo (5,5-10).

4,14-16: Cristo Figlio di Dio provato in tutto

4: 14 Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede.
15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

14. L'autore riprende il tema, presentato precedentemente, di Gesù sacerdote degno di fede, per avviare una fervida esortazione. Il fatto che Gesù abbia attraversato i cieli non indica solo la sua ascensione gloriosa, ma deve anche essere messo in relazione con il rito antico del Kippur in cui, una volta all'anno, il sommo sacerdote entrava nel Santo dei Santi: così Gesù attraversa i cieli, una volta per tutte, per giungere al trono di Dio dove esercita la sua azione sacerdotale. I cieli sono, in questo scritto, lo scenario dell'azione sacerdotale di Cristo, il nuovo santuario; l'attraversare i cieli esprime dunque la nuova vicinanza a Dio degli uomini, mediante l'umanità di Cristo che siede ormai alla destra di Dio.
Nella morte e resurrezione di Gesù si attua quel sacerdozio prefigurato imperfettamente nell'Antico Testamento: nel sacrificio consumato una volta per sempre (7,26-27) con valore perfetto ed eterno. Perciò i credenti devono mantenere salda la loro fede, vivendola e professandola, per entrare in rapporto con Cristo e godere i frutti della sua mediazione sacerdotale.

15. Fa seguito una frase esplicativa riguardo al sacerdozio di Cristo: la sua qualità sacerdotale non lo allontana da noi, in quanto egli resta uomo in mezzo agli uomini, ha provato ogni aspetto della realtà umana tranne il peccato, ne comprende i limiti e le debolezze.
Il verbo compatire (sympathéo) non indica semplicemente una partecipazione superficiale alla sorte di un altro, ma una consonanza profonda di affetti: l'amore che con-patisce chi patisce. Cristo è compassionevole perché, Figlio di Dio, è uomo nei limiti dell'uomo, nelle prove, nella sofferenza, nella morte.
C'è però un limite in questa comunanza: Cristo si assimila in tutto agli uomini escluso il peccato. La sua perfetta santità divina esclude ogni sua partecipazione alla comune condizione umana del peccato, ma rimane compatibile con quelle che del peccato sono le conseguenze estreme, il dolore, la morte. Così, ciò non implica una asettica prerogativa di impeccabilità, ma un concreto superamento del peccato in ogni momento della sua vita, passando per la tentazione e la prova. Ne risulta una realtà di totale assenza di peccato: una santità necessaria a salvare gli altri (solo chi è santo può redimere gli altri).
16. L'autore conclude con una esortazione: dopo lo sviluppo del discorso relativo alla compassione di Gesù, si riprende 1'invito iniziale a mantenere salda la fede, questa volta inteso come un richiamo ad accostarsi fiduciosamente a Dio misericordioso. Questo sarà il tema del brano successivo.


5,1-10: Cristo sommo sacerdote compassionevole

In questo secondo brano l'autore mostra il sacerdozio di Cristo dal versante del rapporto con gli uomini, cioè dal punto di vista della compassione e della solidarietà per i peccatori.
Inizia da una definizione del sacerdote a partire dall'esperienza del popolo ebraico (5,1-4), per poi mostrare come si applichi perfettamente a Cristo.


5 1 Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
2 Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza.
3 A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il opolo.
4 Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. SNello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui
6 che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo:
Tu sei sacerdote per sempre,
secondo l'ordine di Melchìsedek.
7 Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. gPur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì
9 e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchìsedek.

I. Una definizione teorica del sacerdozio non si trova nell'Antico Testamento, che si limita a descrivere concretamente le prerogative dei sacerdoti, riassunte da tre caratteristiche:

a) Il sommo sacerdote viene preso fra gli uomini e per il bene degli uomini. Il sacerdote non viene da un altro mondo: è un uomo come gli altri e viene preso in mezzo agli uomini portando con sé tutto lo spessore e la fragilità dell'esperienza umana. Il senso del suo servizio sacerdotale è il bene degli uomini nelle cose di Dio, cioè il giusto rapporto degli uomini con Lui.

b) La principale delle sue funzioni è l'espiazione dei peccati;
2. non ostante la sua dignità, però, anch'egli è rivestito di debolezza, perciò può sentire la giusta compassione per gli altri;
3. nel rito ebraico, infatti, il sommo sacerdote doveva offrire sacrifici di espiazione per i propri peccati, prima di fare l'espiazione per i peccati del popolo. Ma nel caso di Cristo, la solidarietà con gli uomini non si manifesta nell'essere anche lui peccatore, bensì nell'aver assunto tutte le conseguenze del peccato, essendosi abbassato nell'incarnazione, fino alla morte e alla morte di croce. Il suo sacerdozio supera infinitamente quello umano.

4. c) Il sacerdote è chiamato da Dio, come Aronne: Dio lo ha scelto con i suoi figli in mezzo al popolo (Es. 28,1). I sacerdoti dell'Antico Testamento partecipano di questa chiamata in quanto discendono da colui che per primo l'ha ricevuta.
Tutto questo si applica perfettamente a Cristo. L'autore lo mostra in ordine inverso a quanto detto finora (salvezza degli uomini -- compassione - scelta divina), partendo dalla scelta divina (5,5-6), passando per l'offerta di preghiere e solidarietà umana (5,7-8), per arrivare alla salvezza degli uomini (5,9-10).

5. c') Chiamata divina (5,5-6). Come Aronne, anche Cristo non si è attribuito da solo la gloria del sacerdozio, ma l'ha ricevuta dal Padre. Per dimostrare la vocazione sacerdotale del Cristo, l'autore gli applica due passi di salmi, Sal. 2,7 ("Tu sei mio figlio, oggi li ho generato")
6. e Sal. 110,4 ("Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek"). In questo modo ribadisce che Gesù è il Figlio generato dal Padre e che dal Padre ha ricevuto un sacerdozio eterno.

b') Condivisione della sofferenza umana (5,7-8)
7. Gesù non si è arrogato da solo un compito così grande, col carico di sofferenza che esso comportava. Anzi, durante la sua vita terrena ha supplicato il Padre con forti grida e lacrime di essere liberato dalla morte, imparando così l'obbedienza. Le preghiere e suppliche con grida e lacrime sono quasi certamente in relazione con l'episodio sinottico dell'agonia del Getsemani (Mc. 14,33-36; Mt. 26,30-46; Le. 22,39-46), forse giunta all'autore per tradizione orale. Tutto il contesto mette l'accento sull'umanità del sacerdote che per rappresentare gli uomini davanti a Dio deve essere uno di loro, per compatirli deve avere sperimentato di persona le loro miserie. Gesù nella sua vita terrena ha infatti sperimentato non il peccato, ma la debolezza, la paura, l'angoscia, l'agonia della morte; ha implorato di esserne liberato; ed è stato esaudito non nel senso che gli sia stata risparmiata la morte, ma nel senso che è stato sottratto al suo potere in grazia della sua pietà (termine che indica il rispetto e la sottomissione al Padre). Subendo la morte l'ha trasformata in un gesto di affidamento a Dio e in uno strumento di salvezza. Le preghiere le suppliche sono state da Lui offerte al Padre: il verbo usato, prosphéro, è quello che indica tecnicamente l'attività sacerdotale, l'offrire in sacrificio; prima che sul Calvario, Gesù ha celebrato la sua offerta sacerdotale nel Getsemani, con la sua accettazione libera, anche se sofferta, di una morte non certo reclamata positivamente dal Padre, ma dettata dalle circostanze concrete della storia. Dalla sua coerenza, dalla sua obbedienza.
8. L'obbedienza (hypakoé) di Cristo, appresa ed esercitata faticosamente nella sofferenza, è l'adesione radicale al progetto di Dio.
Il cammino di Gesù, in questo brano, è scandito da tre participi (esaudito, reso perfetto, proclamato) che rimandano al ruolo di Dio nelle scelte di Cristo: la sua non è una strada solitaria, ma è avvolta dall'amore del Padre.

a') Attuazione della salvezza per gli uomini (5,9-10)
9. L'obbedienza porta alla perfezione (verbo teleiòo), da intendersi non tanto in senso morale come risultato di uno sforzo personale eroico, quanto piuttosto nel senso della pienezza ottenutacon l'aver raggiunta la meta della sua vita terrena, cioè la gloria della resurrezione, ma anche il fine (télos) della salvezza degli uomini, essendo il Cristo divenuto capo e causa di salvezza dell'umanità.
Il verbo perfezionare, nell'Antico Testamento, indica però anche la consacrazione del sommo sacerdote, per cui la scelta di questa parola continua ad alludere alla qualità sacerdotale del Cristo: è la sua accettazione della sofferenza, in obbedienza al Padre, che l'ha consacrato sommo sacerdote misericordioso, capace di compatire gli uomini. L?obbedienza di Cristo ha dunque come risultato la salvezza eterna di coloro che gli obbediscono, cioè accettano la totalità del suo messaggio affidandosi all'amore del Padre.
10. L'affermazione finale anticipa la terza parte della lettera, quella centrale (5,11-10,39) in cui si dimostra che il sacerdozio di Cristo supera il sacerdozio levitico, ebraico, realizzando il misterioso sacerdozio "secondo l'ordine di Melchisedek" di cui parla SaL 110,4.


(Terza parte: non più di 10 minuti)
Terza parte: Qualche momento di silenzio per interiorizzare la Parola ascoltata e porsi in atteggiamento orante


(Quarta parte: non più di 30 minuti)

Quarta parte: Poniamoci qualche domanda per la vita

Domande per la vita
• Quale espressione o quale idea del brano letto mi ha trovato maggiormente sensibile? Perché?
• Viviamo intensamente il senso fraterno che ci deve guidare nella vita personale e nella vita comunitaria? Sappiamo di essere santi e di doverci comportare di conseguenza? non separati dai problemi degli uomini, di cui dobbiamo farci carico a tutti i livelli, ma separati dalla logica del potere, dall'arroganza dell'autosufficienza, dalla ricerca della gratificazione a tutti i costi?
• Cerchiamo di accostarci in maniera consapevole alla Parola di Dio che è luce per la nostra vita, cercando di conoscerla con gli strumenti che abbiamo a disposizione, e non tentando di addomesticarla alle nostre esigenze?
• Ci rendiamo conto che la nostra intera vita è la celebrazione del nostro sacerdozio battesimale, che non deve essere espresso soprattutto nel compiere gesti liturgici, ma nell'offrire ogni nostro momento al Padre, mediante Cristo, nella comunione dello Spirito Santo? Come vivo questo sacerdozio in rapporto alla mia famiglia, alla mia professione, al mio impegno nel volontariato, nelle associazioni ecc.?
• Impariamo da Gesù la compassione, cioè non l'intenerimento superficiale, ma il coinvolgimento profondo della solidarietà verso i veri bisogni degli altri?

(Quinta parte: non più di 10 minuti)
Quinta parte: Dopo qualche altro momento di silenzio per rispondere personalmente, mettiamo insieme le nostre riflessioni ed esprimiamo una decisione comune(Sesta parte: non più di 10 minuti) Sesta parte:



Spunto di preghiera
Al Signore Gesù,
Lui che è il Figlio eterno del Padre, Parola di Verità per la nostra vita, chiediamo la conoscenza della sua Parola e la fedeltà nell'obbedienza, la santità della vita,
lo spirito di fraternità nelle nostre comunità, l'impegno quotidiano, civico, storico
senza coinvolgimenti nelle logiche del potere, il perdono dei nostri peccati, la misericordia verso i fratelli e la radicalità e coerenza delle nostre scelte.


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