Segrate, 16 marzo 2001
Lettera aperta ai librai italiani
Gentile libraia, gentile libraio,
tra qualche giorno verrò convocato dal Presidente del Consiglio
a
rappresentare la Mondadori (che non fa parte e dunque non è rappresentata
dall'Associazione Italiana Editori) nel comitato che riesaminerà
la
questione del prezzo fisso. E' noto quale sia l'opinione del nostro gruppo
e mia personale, e cioè che la norma sul prezzo fisso è sbagliata
in quanto
distrugge ricchezza anziché crearne di nuova. Non sono viceversa
sempre
note le considerazioni e i dati di fatto che ci hanno portati a questa
conclusione. Ora, sapendo bene che gran parte dei librai italiani, tra cui
forse Lei, è di parere contrario al nostro, vorrei chiederLe di seguire
per
cinque minuti, con pazienza, il nostro ragionamento. Comunque finisca la
vicenda del prezzo, noi - librai e gruppo Mondadori - eontinueremo a
lavorare insieme e io penso che sarà meglio per tutti se la nostra
collaborazione si fonderà su motivazioni e interessi trasparenti,
piuttosto
che sulle asprezze polemiche, sugli slogan propagandistici e sulla cattiva
informazione. Come Lei forse ricorda, noi abbiamo cercato in passato una
soluzione mediana e abbiamo proposto un tetto di sconto massimo del 20%,
un
punto d'incontro ragionevole per tutte le parti. Purtroppo sono prevalse
posizioni estremiste e punitive, di fronte alle quali non ci resta che una
difesa a oltranza.ilmercato italiano: i lettori
Conosciamo tutti bene la peculiarità del mercato italiano,
ultimo frutto di
una vicenda storica su cui ha detto di recente cose sagge il ministro De
Mauro: è un mercato (e alle sue spalle un sistema culturale) elitario,
fondato su di un ereuleo 6% della popolazione adulta che da solo acquista
e
legge la metà dei libri acquistati e letti. L'altra metà è
invece
appannaggio di un 44% di lettori detti usualmente deboli e cioè
intermittenti, insicuri, sollecitati da fenomeni momentanei. Più
oltre, hic
sunt leones, si stende quel 50% di nostri connazionali che non hanno mai
letto un libro né mai lo leggeranno in vita loro. Non si può
sperare che un
miracolo trasformi i non-lettori in lettori, così come non si può
aspettare
che l' inevitabile progresso (leggi un nuovo sistema scolastico)
crei nuovi
forti lettori. Succederà senz'altro, ma lo vedranno i nostri nipoti.
Ora e
oggi le possibilità di allargamento del mercato riposano tutte sui
lettori
deboli. Si tratta di indurre chi legge un libro all'anno a leggerne due,
chi due tre e così via.
Il mercato italiano: i canali
Nel 1999 il 74,3% dei libri venduti in Italia èstato venduto
nelle librerie
e il 23,7% in grande distribuzione (per il 2000 non abbiamo ancora i dati,
ma le proporzioni non dovrebbero variare di molto). Nel 1990 le percentuali
erano rispettivamente dell'88,2% (libreria) contro 1' 11,8% (grande
distribuzione). 11 mercato (inflazionato) è cresciuto nei dieci anni
del
44.7%, la libreria del 25%, la grande distribuzione del 191% (fonte AIE).
La spettacolare performance della grande distribuzione ha varie cause, ma
la principale è per certo lo sconto: circa il 23% sul prezzo di copertina
contro uno sconto medio della libreria tra il 5 e il 7%. La prima, ovvia,
conseguenza da trarre è che lo sconto piace. Non piacerà ai
commentatori di
"Repubblica" e non piacerà al ministro Melandri, ma per
certo alla gente
comune (e se la memoria non mi inganna anche all'ex ministro Veltroni) lo
sconto piace. Una seconda causa è il contesto di vendita. E' ovvio
che per
il lettore debole, meno assuefatto ai riti e alla sacralità della
lettura,
la libreria in quanto tale abbia una soglia difficile da varcare. Ed è
ovvio che l'acquisto di libri inserito tra altri acquisti, paradossalmente
facilitato dal ristretto assortimento della grande distribuzione,
sollecitato dallo sconto, finisca per risultare più agevole. Non
sarà
esaltante, ma questo è il quadro entro il quale molti nostri connazionali
si avvicinano e si abituano ai libri, a maneggiarli, ad acquistarli, a
regalarli, a leggerli. Se è vero che la metà dei libri sono
acquistati dai
lettori deboli e se è vero che un quarto dei libri venduti sono venduti
in
grande distribuzione, sarà azzardato pensare che la maggioranza dei
libri
venduti in grande distribuzione sia venduta a lettori deboli? Io credo di
no.
La strategia Mondadori
Nell'anno 2000 le case editrici del nostro gruppo hanno rappresentato
il
31% del mercato a valore delle librerie medio-grandi (fonte Demoskopea).
Esse occupano il primo posto (Mondadori 20%), il terzo posto (Einaudi
5.5%), il quarto posto (Sperling-Frassinelli 4.6%). Sempre nel 2000 le
nostre case editrici hanno rappresentato circa il 38% del mercato della
grande distribuzione (fonte Mach2). Quote di mercato di queste dimensioni
ci hanno da molto tempo indotto a pensare che il futuro del nostro gruppo
non potrà tradursi in un'ulteriore crescita di quote di mercato:
qui siamo
arrivati al tetto. Restavano e restano due vie: o migliorare i nostri
margini di profitto o puntare su un allargamento del mercato nel suo
complesso, mantenendo invariata la nostra quota. La prima è una via
legittima (la praticano la maggior parte degli editori e l'AIE). ma di pura
conservazione. La seconda è una via di sviluppo. Da tempo, da molto
tempo,
abbiamo scelto questa seconda via. Noi riteniamo, infatti, che il nostro
paese possa e debba raggiungere in tempi ragionevolmente brevi standard
culturali comparabili a quelli dei paesi europei a noi più simili.
In
questa prospettiva abbiamo investito parte dei nostri margini per allargare
il mercato: in promozione della lettura, in comunicazione e in concessione
di maggiori sconti ai rivenditori, librai e grande distribuzione.
La politica commerciale Mondadori
La nostra strategia di allargamento del mercato si è tradotta,
nel corso
degli anni, in un serie di politiche che hanno toccato quasi tutti gli
aspetti del nostro lavoro. Dall'innovazione di prodotto (basti pensare ai
Miti, cioè un supereconomico che ha dimezzato i prezzi del paperback
tradizionale), all'innovazione nella comunicazione (dal punto di vendita,
alla publicity, alla pubblicità televisiva) alla promozione della
lettura
(quest'ultima con esiti, anche per nostra responsabilità, non sempre
felici). Infine, e per tornare al nostro tema principale, abbiamo agito
sul
marketing commerciale utilizzando in maniera ampia ma ragionata la leva
dello sconto. Dello sconto, intendo, praticato da noi ai rivenditori, sia
librai sia grande distribuzione. Anche qui qualche dato. Le case editrici
di varia del nostro gruppo nel 2000 hanno realizzato un fatturato (a prezzo
di copertina) di 484.5 miliardi. Il 55.7% di questo fatturato è stato
realizzato a condizioni "normali" nei confronti dei librai. Il
24.5% a
condizioni di maggior favore (sconto più alto) nei confronti della
grande
distribuzione e il 19.8% a condizioni di maggior favore nei confronti dei
librai, per consentire specifiche campagne di sconto al consumatore nella
libreria. Come si vede la differenza tra le condizioni di maggior favore
alla grande distribuzione e le condizioni di maggior favore alla libreria
èsolamente del 4.7%. In altre parole noi abbiamo finanziato, attraverso
maggiori sconti, in proporzione pressoché uguale la grande distribuzione
e
la libreria. Certo sono stati diversi i prodotti offerti a condizioni di
maggior favore. Nella grande distribuzione sono stati libri più facili,
di
autori più popolari, più vicini alle propensioni di un pubblico
formato
prevalentemente da lettori deboli. Viceversa nella libreria abbiamo spinto
su prodotti di maggior contenuto e prestigio culturale. Un esempio per
tutti. Credo sia difficile mettere in dubbio il valore culturale dei
Meridiani e dei Classici greci e latini pubblicati in collaborazione con
la
Fondazione Valla. Quest'ultima è l'unica collana di questo tipo esistente
al mondo che si regga sulle proprie gambe e che prosperi anche
economicamente. Ebbene, sempre nel 2000, su undici miliardi di fatturato
relativo a queste due sole collane (prezzo di copertina e, ovviamente, solo
libreria) ben nove sono stati il frutto della campagna di sconti di fine
anno. Dunque grazie a un'accorta politica di sconti anche imprese di
elevato valore culturale possono affermarsi e durare contando solo sulle
proprie forze. Lo sconto, che poi vuol dire flessibilità del prezzo
nel
tempo, non è il diavolo, non è la dava della grande distribuzione
contro la
libreria, non è il vessillo dei barbari divoratori di best seller.
E' uno
strumento, un mezzo che può essere usato da tutti - librai, grande
distribuzione, editori - per attrarre, favorire, agevolare il consumo
(orribile parola) di libri.
Le conseguenze immediate del prezzo fisso
La legge, se entrerà in vigore, avrà due ordini di conseguenze:
alcune
certe e immediate, altre di medio periodo e solo probabili. Tra le certe
e
immediate la più certa e più immediata sarà un aumento
del prezzo medio del
libro effettivamente pagato dal donsumatore. Vorrei tra parentesi notare
che questa è la prima volta nella storia del nostro paese che il
prezzo di
un bene di consumo viene aumentato per legge. Di quanto aumenterà
il prezzo
dei libri? E' presto detto: lo sconto della grande distribuzione passerà
dal 23 al 10% e pertanto il prezzo pagato dal consumatore, oggi pari a 77,
diventerà pari a 90 aumentando dunque del 17%, sia che i libri vengano
in
futuro venduti ancora dalla grande distribuzione sia che vengano venduti
in
libreria. Aumenterà anche il prezzo dei libri oggi venduti nelle
librerie,
dove non si potranno più effettuare le campagne di sconto sopra menzionate
e oggi così efficaci. Qui l'aumento sarà di qualche punto
percentuale. In
totale il prezzo medio di tutti i libri, oggi scontati e oggi non scontati
aumenterà, secondo una stima prudenziale, del 6 - 7%. La seconda,
certissima, conseguenza è che il numero dei libri venduti nel nostro
paese
diminuirà. Solo un ingenuo (uno sciocco? un finto ingenuo?) può
credere che
il lettore debole il quale non trova più il libro scontato nella
grande
distribuzione si precipiti sempre e comunque a comprarlo nella più
vicina
libreria. Così sarebbe se il libro fosse vissuto come un bene di
prima
necessità, ma purtroppo non pare sia questo il caso del nostro paese.
Di
quanto diminuirà il numero dei libri venduti? Nel 2000 in Italia
si sono
venduti circa 83 milioni di libri, 60.5 nelle librerie e 22.5 nella grande
distribuzione, con un prezzo di copertina medio più alto nelle librerie
(circa l9mila lire) che nella grande distribuzione (circa l6mila lire).
E'
ragionevole - e molto prudenziale -pensare che la grande distribuzione
perda un 30% di copie e che la libreria ne recuperi da un terzo alla metà,
cioè dal 10 al 15%. fl che significa che il mercato italiano perderà
da un
minimo di 3 a un massimo di 4.5 milioni di copie.
Le conseguenze a medio termine del prezzo fisso
Come reagirà il sistema editoriale italiano (editori, librai,
grande
distribuzione) al doppio fenomeno della contrazione quantitativa e
dell'innalzamento del prezzo al consumo? La previsione non èdifficile:
si
aprirà una battaglia per appropriarsi della preda di guerra generata
dalla
legge sul prezzo fisso, cioè di quel 13% di sconto che viene nei
fatti
sottratto ai consumatori . E' un bottino modesto: se il mercato della
grande distribuzione era 335 miliardi nel 1999 e sarà stato circa
360
miliardi nel 2000, il bottino ammonterà a circa 47 miliardi. Dei
quali tra
5 e 7 miliardi spariranno subito per la contrazione delle copie vendute.
A
chi finiranno dunque i restanti 40 miliardi? Innanzitutto agli editori,
i
quali dovranno rifarsi della perdita di copie e cercheranno quindi di
diminuire lo sconto che praticano ai rivenditori. In secondo luogo alla
grande distribuzione, che probabilmente investirà l'incremento di
margine
che deriva dal minor sconto al consumatore per migliorare il proprio punto
di vendita libri, ampliando l'assortimento, arricchendo la propria offerta,
diventando insomma, sempre più simile alla libreria. Del resto, se
tutti
abbandonano i lettori deboli, ènaturale che anche la grande distribuzione
cerchi di orientarsi verso i lettori forti. Buoni terzi arriveranno i
librai, ai quali spetterà più o meno un terzo dell'ammontare
complessivo.
Tredici miliardi? O forse quindici? O forse dieci? Da dividersi tra quante
librerie italiane? Mille? Duemila? In ogni caso i conti sono presto fatti.
Le conseguenze per Mondadori
E' di un'evidenza palmare che la norma sul prezzo fisso danneggi
soprattutto il gruppo Mondadori e all'interno del gruppo la casa editrice
Mondadori. Non solo e non tanto per le conseguenze economiche, ma per
l'evidente impossibilità a perseguire, in un quadro normativo di
questo
genere, l'indirizzo strategico che ci siamo dati. L'allargamento del
mercato, i nuovi lettori, siamo certi che verranno (perché noi, non
essendo
conservatori, crediamo nel progresso), ma saranno figli della riforma del
sistema scolastico, della crescita del paese... Ne parliamo tra trent'anni.
Oggi dovremo anche noi affrontare conseguenze economiche rilevanti. E
allora cercheremo anche noi di fare quello che altri editori fanno da anni,
cioè una politica non più di sviluppo, ma di puro incremento
dei nostri
margini. Prezzi più alti, meno sconti, condizioni finanziarie più
rigide,
meno comunicazione, niente promozione della lettura. Faremo, come si usa
dire, efficienza, anche perché dovremo rifarci della perdita in volume
d'affari che avremo subito. Non è quello che ci sarebbe piaciuto
fare, ma
speriamo di sopravvivere.
Questo, gentile libraia e gentile libraio, è il nostro punto
di vista. Mi
scusi per il tempo che Le ho sottratto, ma penso che, almeno per una volta,
metta conto dirsi con schiettezza quello che si pensa. Io personalmente
e
il nostro gruppo ci batteremo con tutti i mezzi leciti contro questa brutta
legge di sapore elettorale. Vi sono anche altre ragioni, più legate
alla
difesa di principi fondamentali (la libera concorrenza, il mercato) che
ci
confortano nella nostra posizione. Ma qui, con Lei, ho preferito parlare
solo di questioni di bottega, del nostro mestiere. La ringrazio ancora per
la Sua attenzione.
Con i miei saluti più cordiali.
Gian Arturo Ferrari
Direttore Generale Divisione Libri Mondadori |