"L'IGNORANZA INFURIA LA CULTURA MANCA SU PIOMBINQ SVENTOLA BANDIERA

 
“È proprio della persona umana il non poter raggiungere U n livello di vita veramente e pianamente umano se non mediante la cultura..."
( Concilio Vaticano II)

"Cultura...quell'insieme complesso che include la conoscenza,le credenze,l'arte, la morale, il diritto,il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di una societ
societa`=
(Edward Burnett Tylor)

"L`operaio conosce 300 parole, il padrone 1000; per questo lui è il padrone."
(I ragazzi di Barbiana 1967)

Per comprendere come mai la cultura qui a Piombino sia mancante e oggetto di grandi contestazioni emerse attraverso le opinioni di gruppi o singoli sulla stampa locale anche di recente (Concerto Acciaierie) bisogna secondo me fare un un breve escursus storico della nostra citta'.
Piombino nasce sulle rovine della "destrutta Populonia" come ci ricorda il Cappelletti nella sua introduzione alla Storia di Piombino (ed. Forni). Questa localita` non era che un insieme di capanne e case "per la maggior parte di terre ...anche perche' eravi grandi scarsita' di calcina, e non avevano essi tanta pazienza da fabbricare delle fornaci per cuocervi la terra". Di li' a poco vi costruita una Rocca a sovrastare le case e li appresso un monastero denominato S. Giustiniano di Flesia.
Della cultura Etrusca e Romana di Populonia non se ne trova traccia nella vita quotidiana dei profughi che decimati delle persone e dei mezzi che tramandavano loro la cultura si ridussero a "sopravvivere" e forse ben differente sarebbe stata la storia della citta` sin dalle origini se quel patrimonio culturale secolare si fosse salvato .
Cosicche' si riparti' da zero e anche quando si comincio` a parlare di libero Comune, la mancanza di uno spesso strato culturale non potè che far rimanere queste velleità un sogno e si dovette sottostare alla "Cultura dei potenti e principi del tempo" che considerarono Piombino come loro colonia.
E quello che ci resta di questo periodo anche se pur fiorente non è che il prodotto di un vero e proprio colonialismo
culturale.
Tutto cio` che fu costruito fatto o detto fu opera di "stranieri come Andrea Guardi autore della Chiesina di Cittadella, del chiostro di S. Antimo etc. coe di cui tra l'altro oggi andiamo fieri ma che ci dimentichiamo che non furono opera di mani Piombinesi non furono il prodotto della nostra cultura o suggerite dalla nostra cultura. Non siamo stati capaci di produrne, certo, la causa maggiore e' stata quella sudditanza ai vari Appiani, Boncompagni Ludovisi, Baciocchi..
La caduta del Principato nel 1815 ha riconsegnato la città in mano ai piombinesi che non essendo abituati all'indipendenza hanno faticato un bel po' per cercare di costruire se stessi ma lentamente hanno cominciato a incamminarsi nella strada del progresso culturale e sociale
I primi del secolo sono rivolti come nel resto dell'Italia alle lotte sociali e all'emancipazione delle masse dando così poco spazio all'acculturazione e all'elevazione dello spirito ma nonostante tutto diversi piombinesi riescono a distinguersi e ha
produrre cultura anche se in maniera isolata; e questa caratteristica che ancora distingue i nostri intellettuali è dovuta allora come oggi alla "miseria" della politica e dei politici e alla loro mancanza di lungimiranza ma soprattutto alla mancanza di una vera e propria politica culturale.
Per politica culturale s'intende una cultura che si adegua di continuo al livello di maturità delle masse ma nello stesso tempo le sollecita ad elevarsi sia autonomamente, dando gli spazi necessari, sia insieme suggerendo nuove idee presentando nuove esperienze a cui fare riferimento per rimettersi costantemente in discussione ed elevare così lo spirito sia del singolo che della masse.
Per far ciò occorre una interazione tra veri uomini di cultura e veri uomini politici; ma chi sono gli uni e chi gli altri?
Vittorini nel '47 attraverso le pagine del politecnico ce ne dà una definizione esauriente "Che cos'e` un uomo politico? È l`uomo di cultura che si estranea della ricerca per applicarsi all'azione. E che cos'è l'uomo di cultura? E' l'uomo di cultura che si tiene fuori dall'azione per continuare la ricerca".
Questa definizione purtroppo e' rimasta solo una proposta e una provocazione che non ha avuto seguito nella nostra città, come in altre, per colpa degli stessi uomini di cultura che non hanno, avuto il coraggio di applicarsi all'azione lasciando la politica in mano a uomini che, non avevano e non hanno quel necessario bagaglio culturale per poter fare politica e questo "deficit" si ritrova in tutte le formazione politiche agenti nel territorio; giacchè in tutto questo periodo d'opposizione non hanno saputo proporre alcune linee di politica culturale ma si sono sempre limitate a battibecchi talora contraddittori e meschini.
Nella nostra città esistono uomini di cultura, molti hanno avuto dei riconoscimenti nazionali e internazionali i nostri giovani migliori sono costretti a emigrare per essere apprezzati e farsi una strada.Un censimento di questa nostra " intelligenza perduta” e non utilizzata per il bene comun potrebbe far toccare con mano cosa Piombino ha perso e continua a perdere.
Ecco allora un invito ai nostri uomini di cultura
affinchè ritrovino il coraggio e il tempo "per abbandonare momentaneamente la ricerca per darsi all'azione", in modo da sollecitare e riunire tutte le energie per lo scopo comune, di riportare la cultura ad essere la prima necessità dell`uomo e cosi' rendere la nostra realtà locale completamente diversa e gratificante per tutti.
Enrico Beni

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