La funzione della sinagoga
  da: Daniel Rops , La vita quotidiana in Palestina al tempo di Gesù. ed. Osca MOndadori Milano 1986.
 

. Tre volte al giorno la sinagoga si apre per tutti coloro che vogliono andarvi a pre­gare: vi si recita lo Shemà e lo Shemone Esrè. Il secondo e il quinto giorno della settimana (corrispondenti al lunedì e al giovedì), che sono giorni di mercati e di udienze giudiziarie, c'è una riunione più importante, in quanto l'occasione era buona per ricordare agli abitanti riuniti da fuori le verità della Legge. Ma la cerimonia principale quella alla quale assistono tutti i membri validi della comunità, ha luogo soprattutto il sabato.

Mentre gli altri giorni sono sufficienti tre uomini, e anche uno solo, per il sabato si esige che il servizio sia fatto da sette persone diverse, che il hazzan chiama; a turno. In ogni modo, perché un'assemblea sia legale, bisogna che siano presenti dieci uomini d'Israele.
In questa funzione non c'è nulla, assolutamente nulla, chi ricordi quella del Tempio, non c'è nulla di sacrificale. Il suo rito è fissato dall'uso, e non vi si deroga mai.

Si incomincia con alcune preghiere: in piedi, con il viso rivolto verso Gerusalemme, i presenti recitano lo Shemà e lo Shemone Esrè, o piuttosto è uno dei presenti, messosi davanti allo scrigno dei rotoli della Legge, a recitarli ad alta voce, mentre gli altri pregano in silenzio e gli rispondono, a voce alta, 1'Amen che vincola l'adesione dell'anima alla parola sacra. Questa funzione importante può essere esplicata da qualsiasi fedele che abbia l'età «religiosa» prevista dalla Legge ossia tredici anni: è lecito supporre che Gesù abbia pregato parecchie volte in questo modo in mezzo ai suoi. Poi viene la parte fondamentale della funzione: la lettura della Legge.
Il hazzan prende dallo scrigno i due involucri dai quali estrae il rotolo sacro e lo porge al primo dei sette lettori. Si deve leg­gere per davvero, è proibito pronunciare a memoria più di un versetto.
Il testo è stato diviso in sezioni, 153 per la precisione, in modo da poter leggere tutto il Pentateuco in poco meno di tre anni. (Solo più tardi, in Babilonia, la lunghezza delle sezioni verrà triplicata perché tutta la Legge venga let­ta in un anno.)

Il hazzan sta vicino al lettore; se questi commette un errore, egli lo corregge; se arriva a un punto che potrebbe scandalizzare i presenti o farli ridere, lo ferma. Ogni versetto, letto in ebraico, viene tradotto in aramaico, affinché tutti lo capiscano. Ogni lettore è autorizzato a com­mentare il testo che ha appena letto;
in tal caso di norma si rimette a sedere e si lancia in un'omelia o in una esegesi, un Midrash, la cui lunghezza varia a seconda dell'oratore:
Esistono commentatori di questo genere che godono di grande fama, come alcuni predicatori delle nostre chiese: essi sono molto ricercati nelle sinagoghe; fra questi si annoverano certamente Gesù e, più tardi, san Paolo.
A questa parte essenziale sono stati aggiunti alcuni elementi, come letture e preghiere, che possono variare da una sinagoga all'altra. Uno dei lettori riprende la parola per la «lezione finale», che è sempre tratta dai profeti.

Si dice allora che è, o che fa, maftir: così nelle sinagoghe di Nazaret, un giorno, Gesù fa ma ftir.
Il lettore cita al massimo tre versetti, da lui scelti in precedenza e meditati - Gesù ne prende due - e poi li commenta.


È quel che fanno spesso dal pulpito i predicatori cristiani, i quali incominciano una predica con una citazione dal Vangelo, sulla quale glossano. Il commento dei profeti viene fatto obbligatoriamente in aramaico.
Infine il fedele che ha recitato le prime preghiere ritorna davanti alla tebà e riprende la parola per un'ultima preghiera, che si conclude con una benedizione, da pronunciare tutta in una volta, senza mai riprendere fiato. Sembra che in questo momento in alcune sinagoghe si cantino dei Salmi, in quanto la famosa raccolta biblica è diventata la raccolta dei cantici delle comunità ebraiche, cosa che rimarrà anche nella chiesa. Uscendo, tutti fanno un'offerta ai collettori cui è fatto carico dei poveri, e siccome oltre ai soldi si accettano anche doni in natura, può capitare che vicino alla porta della sinagoga o nell'atrio si ammucchino mercanzie tra le più svariate. La funzione dura circa un'ora.
Non è possibile sopravvalutare l'importanza della sinago­ga e del suo culto nella vita d'Israele al tempo di Gesù. Quel che il municipio e la chiesa saranno per le città medievali, la sinagoga lo è per gli ebrei. Tutti, senza eccezione, vi si reca­no, vuoi per le funzioni vuoi per gli affari amministrativi e giudiziari. Esserne cacciati è un disonore; così, fa notare san Giovanni, quando la propaganda cristiana incominciò a preoccupare gli ebrei, questi si accordarono di «scacciare dalla sinagoga chiunque avesse riconosciuto Gesù per il Messia» .
Nella diaspora, è la sinagoga ad assicurare l'unità della comunità ebraica, a mantenere vivi i vincoli di fedeltà e a impedire che i credenti si lascino assorbire nella massa pagana.


Taluni si sono chiesti se essa si contrapponesse al Tempio, se ne fosse la rivale. Al tempo di Gesù non sembra che le cose stessero così. Ne era piuttosto l'anticamera, lo sostituiva, per chi non poteva salire a Gerusalemme. Ma è certo che lo spirito delle due istituzioni non è lo stesso: da una parte una liturgia solenne, riti, sacrifici, tutto un cerimoniale; dall'altra semplici letture, preghiere.

La messa cristiana sarà in un certo senso la fusione dell'una e dell'altro, in quanto il momento dell'Eucaristia è legato spiritualmente al concetto di sacrificio, mentre il resto della funzione è costituito da preghiere e da letture, come la funzione sinagogale. In effetti, da quando la sinagoga occupa nella vita ebraica questo posto di primo piano, Israele non ha più bisogno del suo Tempio. Ma è assicurato anche l'avvenire della sua religione, la quale potrà vivere indipendentemente da qualsiasi edificio sacro e da qualsiasi culto, in quanto è diventata una religione della Parola, una religione puramente dottrinale: del resto è in larga misura nell'ambito delle sinagoghe, attraverso gli innumerevoli commenti della Torà, che si forma la tradizione raccolta nel Talmud. I romani potranno anche distruggere il Tempio, ma non sarà in loro potere far sì che le comunità ebraiche sparse in tutto il loro impero non si riuniscano, il giorno di sabato, per pregare Dio e leggere la sua Legge. Vinto, disperso, il giudaismo sopravviverà perché ogni ebreo porta ormai con sé ciò che gli serve da culto: Israele è ovunque si siano riuniti dieci fedeli dell'Unico, e Dio lo assiste. La vera vita religiosa è diventata spiri­tuale.
Lo scriba Esdra aveva forse previsto questa prodigiosa conseguenza quando, tornando dalla capitale babilonese, abituava il suo popolo a riunirsi regolarmente per pregare?

 
 http://www.homolaicus.com/nt/vangeli/cafarnao.htm
 

 http://www.daportasantanna.it/2012/07/essere-profeti-in-tempo-di-crisi/