Sepe, gli altri, e le domande degli ingenui
di Aldo Maria Valli

 

in "Europa " del 22 giugno 2010
Si era alla vigilia del giubileo del duemila e il cardinale Joseph Ratzinger, conversando con alcuni giornalisti, confidò di essere «un po' fra quelle persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente». Questione di carattere, certo. Ma anche un modo elegante per dire che non condivideva il giubileo "modello Sepe", fatto di quasi duecentocinquanta eventi, con grande dispiego di risorse e inevitabile necessità di intrattenere rapporti con il potere politico. Il vescovo Sepe era allora il capo del comitato per il grande giubileo e, una volta terminato l'anno santo, venne ripagato con la porpora cardinalizia e la promozione a responsabile di Propaganda Fide, la congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, ovvero il potente e ricco dicastero vaticano che, occupandosi dell'attività missionaria nel mondo, gestisce un bilancio miliardario. È proprio durante la preparazione del giubileo che il vescovo Sepe conosce sia Angelo Balducci, poi consultore di Propaganda Fide e gentiluomo di sua santità, sia Guido Bertolaso. Il che non è ovviamente una colpa, così come non è una colpa aver messo in piedi un giubileo basato sui grandi eventi più che sul silenzio e lo spirito di contrizione che dovrebbe contraddistinguere un tempo dedicato alla conversione e alla penitenza. Si tratta di scelte. Se poi, all'interno di queste scelte e per causa di esse, sono stati attuati comportamenti di rilievo penale, sarà la magistratura a stabilirlo.
Tuttavia restano le domande. Perché nel momento in cui un alto funzionario dello stato cerca casa si rivolge a Propaganda Fide anziché a un'agenzia immobiliare? Perché un dicastero vaticano si attiva in proposito? Perché un cardinale di santa romana Chiesa si occupa di queste cose? Che cosa c'entra tutto questo con la Chiesa e con la sua missione? Domande da ingenui, certo. Ma domande che attendono risposte.
Il cardinale Sepe dice ai magistrati di aver fatto tutto con trasparenza e di aver avuto i bilanci approvati dalla segreteria di stato vaticana. Anche in questo caso non c'è motivo di dubitarne e comunque i giudici sapranno stabilire come sono andate le cose. Restano però le domande degli ingenui. Perché la segreteria di stato vaticana si occupa di tutto ciò? Che cosa c'entrano queste attività con il Vangelo di Gesù? E, ancora prima, perché deve esistere una segreteria di stato del Vaticano?
In un libro edito di recente un vescovo in pensione, monsignor Giuseppe Casale (anche lui un ingenuo impenitente) si pone una semplice domanda: perché il papa, capo di una comunità di fede, deve essere anche capo di stato? Dove sta scritto? Gesù ha forse mai chiesto qualcosa del genere? Non vogliamo esagerare con l'ingenuità e sappiamo bene che l'attuale situazione ha precise ragioni storiche e che al primo posto c'è la necessità di tutelare la libertà della Chiesa, ma come non vedere, nello stesso tempo, che una soluzione nata per garantire l'indipendenza della Chiesa dal potere politico oggi rischia spesso di far nascere rapporti malati fra le due realtà? Parlando della vicenda Sepe il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi ha detto: «Naturalmente bisognerà tenere anche conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti fra Santa Sede e Italia, che siano eventualmente connessi a questa vicenda». IJ vero, ma anche qui l'ingenuo si chiede: perché nel cammino verso la verità bisogna mettere in mezzo un regime pattizio stabilito tra poteri umani? Che cosa c'entra un concordato con la Chiesa di Cristo e con la fede? Gesù non ha forse detto che la verità ci farà liberi? Gli ingenui, che capiscono poco di aspetti procedurali e ancor meno di profili giurisdizionali, quando sentono parlare così intuiscono soltanto che la Chiesa sta cercando di mettersi al riparo dalle scocciature e di evitare guai.
Brutta cosa soffrire di ingenuità congenita. Monsignor Casale, nel suo bel libro Per riformare la Chiesa, chiede al papa se non pensa per caso che, sbarazzandosi del suo ruolo di capo di stato, acquisterebbe una maggiore libertà di quella garantita da tutti i concordati di questo mondo.

Domanda oltremodo ingenua ma più che legittima, perché la storia dimostra che la vera libertà è quella garantita dalla fedeltà al Vangelo, mentre tutte le altre soluzioni escogitate dagli uomini portano solo alla necessità di piegarsi al rapporto con il potere politico.
L'ingenuo sogna una Chiesa povera, in grado di seguire le vie della profezia anziché quelle della diplomazia. Mentre le seconde richiedono apparati burocratici e di governo, le prime richiedono solo'un cuore puro e una coscienza pulita. Proprio ieri un'amica ci ha ricordato che secondo don Tonino Bello la Chiesa dovrebbe evitare come la peste le tre P di profitto, prodigio e potere e incarnare invece le tre di P di parola, progetto e protesta. Anche don Tonino era un ingenuo. Nel 1997 l'allora cardinale Ratzinger, in una lezione tenuta nella basilica di San Giovanni in Laterano, spiegò che non solo, nel corso della storia, la più grande tentazione per la Chiesa è stata quella di «assicurare la fede con il potere» ma che questa tentazione, pur presentandosi in forme sempre nuove, alla fine produce lo stesso risultato, ossia quello di costringere la fede a piegarsi alle esigenze del potere. Che anche Ratzinger sia un ingenuo impenitente? Aldo Maria Valli