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     18/01/2008 - L'Espresso  
    FANGHI TOSSICI
    IN MARE - DI MARCO TRAVAGLIO  
 
    Che idea: creare decine di discariche
    a cielo aperto con vista mare, anzi sul mare. E riempirle di
    fanghi industriali, liquami tossici e veleni vari dragati dalie
    aree industriali e portuali più devastate d'Italia. Con
    quantitativi di metalli, pcb e idrocarburi contaminati anche
    100 mila volte superiori ai limiti europei che rischiano di inquinare
    ancor di più i nostri mari. È tutto scritto in
    un "Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del
    territorio e del mare", che paradossalmente è il
    leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, approvato in dicembre
    dalla Conferenza Stato-Regioni e in attesa del parere del Consiglio
    di Stato prima di entrare in vigore. Un decreto che sta mettendo
    in allarme gli esperti di molte regioni, le associazioni ambientaliste
    a partire da Legambiente, nonché alcuni tecnici del ministero
    che hanno avvertito il governo dei pericoli contenuti nel provvedimento.
    Finora, invano. Il decreto è «disciplina le operazioni
    di dragaggio nei siti di bonifica di interesse nazionale».
    Una danza macabra di tecnicismi, cifre, rimandi a leggi, regolamenti,
    codicilli da perderci la testa. Cerchiamo di districarci con
    l'aiuto di una tabella. In Italia la gestione dei sedimenti portuali
    non è mai stata risolta una volta per tutte. Ogni anno
    si dragano milioni di metri cubi di materiali sott'acqua per
    garantire l'operatività dei porti. Dopodiché non
    si sa che fare dei fanghi, spesso altamente inquinati e inquinanti.
    Il problema è particolarmente drammatico nei 50 siti classificati
    «di interesse nazionale», dove i sedimenti marini
    sono troppo contaminati e necessitano di speciali cautele. Tra
    i più a rischio, quelli di Bagnoli, Priolo, Gela, Livorno,
    Piombino, Mestre. Decine di bombe ecologiche a orologeria. È
    per disinnescarle che nasce, con molto ritardo, il decreto del
    governo. Che però, secondo molti esperti, non rispetta
    le linee guida emesse dagli istituti tecnici e dallo stesso ministero:
    il "Quaderno Icram"(Istituro centrale ricerca applicata
    al mare) del 2002 e il "Manuale Ministero-Icram-Apat"
    (Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici) del 2007, adottati
    come base per ogni futura legge da una recente risoluzione della
    commissione Ambiente della Camera (vedi tabella LCLimite). In
    pratica il decreto fa di tutt'erba, anzi erbaccia, un fascio.
    In un'unica soluzione, prevede lo stoccaggio di tutti i sedimenti
    contaminati in grandi "casse di colmata" sul mare:
    grandi vasche costiere protette da sbarramenti, impermeabilizzate
    da teli di plastica e destinate a diventare in futuro suoli utilizzabili
    per scopi portuali. Di fatto, discariche marine a cielo aperto.
    Oggi possono ospitare materiali con basse concentrazioni inquinanti,
    come quelle fissate dal "protocollo di Venezia" del
    1993 per la gestione dei sedimenti dragati dai canali della Laguna.
    Il protocollo prevede diversi utilizzi dei fanghi a seconda del
    grado di contaminazione: se i valori sono tollerabili, possono
    essere travasati nelle vasche a contatto col mare; se superano
    i massimi consentiti, vanno prima trattati per ridurne la pericolosità
    e poi collocati in siti lontani da mare. Altri limiti fissa la
    legge sulle bonifiche dei suoli industriali e urbani (decreto
    n. 152/2006). E finora nelle "casse di colmata" finivano
    fanghi al di sotto dei valori di contaminazione per i suoli industriali
    (addirittura ridotti del 10 per cento per cautela). Che cosa
    cambia col nuovo decreto? Si innalzano i valori-limite di centinaia
    di volte, con rischi altissimi per l'ambiente. Le discariche
    marine, infatti, non sono affatto sicure: il pericolo di versamenti
    o sgocciolamenti di percolato è sempre in agguato. I dati
    confrontati in tabella sono emblematici. Due esempi. Secondo
    il decreto 152/2006 le casse di colmata potevano ospitare non
    più di 4,5 milligrammi di mercurio per chilogrammo; col
    decreto, fino a 1000 (oltre 200 volte di più). Peggio
    ancora per i pesticidi, il cui livello massimo passerebbe da
    0,1 a 10.000 mg/kg (100 mila volte di più). Tant'è
    che, al ministero, qualcuno si domanda che senso abbia dragare,
    trasportare e riversare quei fanghi dai fondali alle vasche senza
    prima trattarli per renderli innocui, aumentando il rischio di
    dispersione di sostanze cancerogene (secondo l'Aire, Agenzia
    internazionale ricerca sul cancro) nell'ecosistema marino: cioè
    ai pesci e quindi alle nostre tavole. Tanto varrebbe lasciarli
    dove sono. Il decreto va pure in controtendenza con le norme
    europee. La direttiva sulle acque di Bruxelles (n.60/2000) raccomanda
    di ridurre entro il 2020 le emissioni di sostanze "prioritarie"
    (già esistenti in natura) ed eliminare le "prioritarie
    pericolose" (derivanti dalla sintesi di materiali organici
    prodotti dall'uomo). EPItalia che fa? Aumenta le une e le altre.
    Rischiando l'ennesima procedura d'infrazione e sforando gli stessi
    limiti fissati dal decreto italiano 367/2003 sui sedimenti marini.
    Le sostanze "pericolose" e "prioritarie pericolose"
    si annidano nei fanghi di dragaggio: muoverli e trasportarli
    significa disperderle aumentando l'inquinamento marino. Cui prodest
    questa follia? Lo smaltimento dei rifiuti tossici, anche in mare,
    è un business colossale. Sta per nascere, anche su questo
    fronte, un'apposita Autorità per la bonifica dei siti:
    un ente che, stando alle prime indiscrezioni, sarebbe controllato
    da capitali privati e gestirebbe i siti da bonificare e le attività
    economiche collaterali. Il decreto poi, stanziando soldi pubblici
    per le discariche marine, è tutta manna per le aziende
    inquinanti, che potranno gettarvi di tutto: una normativa più
    seria le costringerebbe a un'azione di trattamento e bonifica
    molto onerosa. Non solo: si parla di un accordo delle regioni
    Toscana e Campania col ministero per traghettare i fanghi del
    porto di Bagnoli in quello di Piombino: per tre anni una serie
    di navi "bettoline" dragheranno i fondali del porto
    campano, " a s p i r e r a n n o " fanghi altamente
    inquinanti grazie ai nuovi, altissimi limiti consentiti e li
    depositeranno a centinaia di chilometri, nella "cassa di
    colmata" di Piombino (dove già la Lucchini ha montagne
    di polveri tossiche da smaltire). Il tutto al costo di decine
    di milioni di euro, sottratti ai fondi destinati alle "energie
    rinnovabili". Con questi fondi si progetta pure di costruire
    qualche nuova strada ad hoc. «E dire», scuote il
    capo un tecnico, «che Pecoraro Scanio aveva persino cambiato
    nome al "Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio",
    aggiungendo le parole "e del Mare". Oltre al danno,
    la beffa». 
    Foto: Da
    sinistra: casse di colmata nella Laguna di Venezia; il porto
    di Livorno. In basso: Bagnoli 
    Foto: Pronti
    a costituire una nuova Autorità per la bonifica dei siti
    che dovrà gestire il grande business dello smaltimento 
    Attualità  
    fanghi tossici in mare  
    Stoccare i sedimenti inquinanti in casse marine. Lo prevede un
    decreto del ministro Pecoraro Scanio. Che alza anche i limiti
    consentiti per le sostanze pericolose  
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