Memorie d'operaio in "Zialili" Di Giancarlo de Vita

Intervista del Tirreno del 27 /02/2004

 

PIOMBINO. La tenerezza di una storia d'amore in una Piombino d'altri tempi. Due personaggi, Liana e Giulio, e una città operaia sono gli ingredienti del romanzo "Zialii" che segna l'esordio di Giancarlo Di Vita.

Ed è anche la narrazione dell'orgoglio politico di un settantenne piombinese, ex operaio alla Magona d'Italia, da sempre schierato a sinistra, che chiude l'ultima pagina scrivendo:

«Non solo non me ne vergognerò mai: sono orgoglioso d'essere comunista!».

Un libro completamente auto prodotto, in distribuzione presso la libreria "La Bancarella" di Piombino. Il percorso narrativo, scelto da Di Vita, sullo sfondo richiama alcune tappe della storia del Novecento, dagli ultimi anni dell'epoca fascista al giorno del funerale di Enrico Berlinguer, il 13 giugno 1984, come via per recuperare

la memoria delle lotte operaie.

«La lettura è sempre stata la mia passione e per scrivere ho letto una vita - afferma lo scrittore Di Vita - Era l'estate di quattro anni e mezzo fa, e per 11 caldo la notte non riuscivo a prendere sonno. Allora, decisi di scrivere un racconto, che volevo consegnare a "Libertà" la rivista del sindacato pensionati Spi-Cgil - continua - I personaggi, Luana e Giulio, li trovavo convincenti e la cosa un po' alla volta mi ha preso la mano e ho deciso di fermare sulla carta anche i miei ricordi e le sensazioni di quegli anni».

Quanto tempo ha impiegato a scrivere "Zialili"?

«Circa, due anni, poi ne ho passati altri due alla ricerca di un editore ma senza successo. Così, ho pubblicato a mie spese».

E ancora comunista?

«Io mi sono iscritto con Berlinguer nel 1974, pochi mesi prima del referendum del divorzio».

Come si conciliano la fabbrica e la passione per l'arte

«Io mi sentivo operaio e la fabbrica, nonostante le difficoltà, è stata il mio mondo. Io apprezzo gli intellettuali, ma non mi sono mai sentito tale e ricordo che Gramsci diceva: "Gli operai saranno gli intellettuali di domani". E io ci ho sempre creduto, dedicando il tempo libero allo studio e alla lettura».

 

 

Quando si è scoperto scrittore?

«Da giovane frequentavo il giornalista Pietro Bianconi, ero già operaio in Magona, e ricordo che mi incitava a scrivere. Poi Pietro lasciò la città, io mi sposai e accantonai carta e penna. Però, nell'attività da sindacalista e politico ho compilato rapporti, o relazioni, e spesso ricevevo i complimenti per il mio stile di scrittura».

M.M

 

 

 

 

 

 

 

Illustrazione da: Lorenzo Bientinesi. Chiesa e Questione operaia nell'Alta Maremma ed. Cisl Piombino

 

 

...Finì luglio e passò anche il mese d'agosto. Arrivò e passò l'otto settembre. Alle ore di esultanza della giornata del nove, seguirono quelle di tensione del dieci. Il re e Bagaglio fuggivano a Brindisi lasciando i comandi militari senza direttive, l'esercito si sbandava e i Tedeschi calavano dal nord come le orde barbariche dei loro antenati.

Della battaglia in se stessa non posso dire niente perché non vidi niente. Ma la preparazione e la partecipazione popolare la vidi tutta.

- Quale battaglia? - Chiede Letizia.

- "La battaglia di Piombino". - Replica Liliana. - Lo so; nessun libro dì storia ne parla. Forse verrà ricordata una volta l'anno, nell'anniversario, dai Piombinesi che l'hanno vissuta. Io non ne so più niente. Dunque, come ti ho detto, posso testimoniare tutto quello che successe in quelle ore frenetiche, Giulio sempre attaccato alla sottana. I soldati tornavano a casa. Hai presente il film?

- Con Alberto Sordi? Sì, certamente.

- Il clima era quello, con la differenza che molti marinai addetti ai pezzi delle batterie sulla costa erano piombinesi e, insieme ai loro concittadini, convinsero gli altri marinai a non lasciare i posti.

Intanto i Tedeschi erano arrivati al porto, ma nel clima di catastrofe la difesa costiera, pur avvistandoli, non aveva sparato un colpo. Gli operai uscirono dalle fabbriche e, con tutta la gente trovata per strada, si diressero alle batterie. "Dateci i fucili!", gridavano: "non vogliamo Tedeschi!"...

 

Infatti, a mezzogiorno i Tedeschi occuparono il porto: i soldati nazisti dilagavano. Verso le tredici i carri armati che erano stati tenuti all'ingresso della città, furono fatti confluire nella strada che conduce al porto. Mentre questo avveniva, noi tornammo a casa. Zio Alfredo era arrabbiatissimo, oltre che preoccupato non avendoci visti tornare, data l'ora tarda. C'impose perciò di non allontanarci da Via Mantova per tutto il resto della giornata.

Alle nove di sera cominciò il fuoco di tutte le batterie contro le navi tedesche. Zio Alfredo era con i suoi compagni ad aiutare i marinai a una batteria. Mamma, Giulio ed io, incoscienti, ce ne stavamo sul nostro ballatoio, anche se della battaglia sentivamo soltanto i rumori senza vedere niente. Molti piombinesi vissero così le ore di quella notte. Giulio mi si addormentò in braccio. Alle tre del mattino era tutto finito...

- Quanti morti ci furono? Al mattino, in città, circolavano molte voci; c'era chi parlava addirittura di seicento morti, ma forse la cifra è eccessiva. Tutti

Tedeschi; fra gli italiani mi sembra ci siano stati un morto e un paio di feriti non gravi. Quando sono andata via da Piombino un intero campo del cimitero era destinato alle tombe dei soldati tedeschi caduti in quella notte.

- Non avevo mai sentito parlare di questa battaglia. Ma fu davvero una vittoria?

- Sì, Letizia; fu una vittoria. Ma fu una vittoria che durò lo spazio d'un mattino....

La porta del laboratorio si apre, entra un fattorino che tiene tra le braccia un grandissimo mazzo di rose rosse. Dopo un attimo di meraviglia le due donne congedano il fattorino e controllano il biglietto che accompagna i fiori.